consultoriautogestita – Ma tu guarda, Niguarda!

Con tempismo davvero singolare – che sia dovuto a recenti contestazioni? – l’ospedale di Niguarda scopre di avere un problema col servizio di Interruzione Volontaria di Gravidanza. A quanto emerge da un articolo comparso il 26 aprile su La Repubblica, l’ospedale sta fronteggiando una “emergenza aborti”: i medici non obiettori si sono ridotti a due, cosa che ha portato i vertici dell’ospedale a chiedere una collaborazione all’ospedale Sacco, in modo da “garantire” il servizio di IVG previsto dalla legge 194/78.

Dall’articolo, sembra che questa scarsità di medici non obiettori sia il frutto di contingenze non meglio specificate, regalandoci un’immagine della proverbiale caduta dal pero dei vertici dell’ospedale.

 

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Lazio, pillola Ru486 anche in day hospital

Anche nel Lazio sarà pos­si­bile assu­mere per le donne la Ru486, ovvero la pil­lola che con­sente l’aborto far­ma­co­lo­gico, non in regime di ospe­da­liz­za­zione come accade nel resto dei paesi euro­pei. E’ quanto ha deciso ieri la giunta regio­nale gui­data da Nicola Zin­ga­retti che ha fir­mato un’apposita deli­bera che can­cella la pre­ce­dente legi­sla­zione, tar­gata Renata Polverini.

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Macabra marcia del Comitato No194 il 12 aprile nelle strade di Milano.

Ricevionamo e volentieri condividiamo. Da ogo.noblogs.com, qui Grande novità!

 

Macabra marcia del Comitato No194 il 12 aprile nelle strade di Milano. Con croci insanguinate addobbate con fetini morti e litanie colpevolizzanti per scacciare il demonio, questi integralisti non si accontenteranno di stazionare davanti agli ospedali, come fanno ogni primo sabato dei mesi dispari, ma tenteranno di imporre la loro presenza lugubre e opprimente nel centro della città. Le parole d’ordine di questi individui sono no all’aborto, no all’eutanasia, no all’immigrazione, no a una sessualità libera e non riproduttiva e si alla famiglia tradizionale ed eteronormativa come unico modello. piu bimbi italianiCome se non bastasse, questo sparuto gruppo di fanatici da sempre va a braccetto ed è sostenuto dai gruppi di estrema destra, con cui condivide – tra gli altri – il desiderio razzista di promuovere la nascita di “più bimbi italiani” proprio come andava blaterando il duce. Un altro esempio di questa collusione con l’estrema destra è la partecipazione dei No194 alle veglie delle “Sentinelle in piedi”, dove Forza Nuova, Fratelli d’Italia, Famiglie Numerose Cattoliche e altri rivendicano il diritto all’omofobia mascherato da libertà di espressione.

Altre storie cattoliche di controllo e dipendenza

Oltre al Comitato No 194, esistono altri soggetti che in nome della morale cattolica limitano le possibilità di scelta delle persone sui propri generare la vita vince la crisicorpi, proprio come il cosiddetto movimento per la vita che è presente nei consultori e negli ospedali di diverse regioni. In Lombardia, ad esempio, ci sono i Centri di Aiuto alla Vita (CAV) – enti privati cattolici antiabortisti finanziati dalla regione – che erogano fondi a “sostegno della maternità” esclusivamente a quelle donne che rivedono la loro decisione di interrompere una gravidanza. Questo però non è l’unico criterio per erogare fondi: a fine marzo la giunta regione prevede di innalzare a cinque anni il criterio della residenza in Lombardia, escludendo automaticamente le donne migranti. In cambio di 100 euro al mese per un periodo di un anno e mezzo, i CAV impongono un percorso di controllo sociale e culturale, fatto di visite e colloqui obbligatori prima e dopo il parto. Qui vengono veicolate le ben note idee cattoliche su famiglia e maternità, con una notevole pressione sui comportamenti e gli stili di vita delle donne che si rivolgono a questi centri. Questi gruppi di cattolici raccolgono sostegno e approvazione da tutto il mondo politico. Ricordiamo infatti che recentemente il Comune di Milano ha dato l’ambrogino d’oro proprio alla fondatrice dei CAV – Paola Bonzi – e che la provincia ha da poco patrocinato un convegno intitolato “Ideologia del gender: quali ricadute sulla famiglia?”; in questa sede, varie associazioni cattoliche fondamentaliste, ma anche medici e politici si sono ritrovati per condannare aborto, eutanasia, omosessualità, transessualità, contraccezione e sesso non procreativo.

“La solidarietà non ha niente a che fare con sentimenti cristiani o con le norme della società dominante. Il cristianesimo più che la solidarietà ha cercato di insegnarci la pietà, ovvero un sentimento ipocrita e falso di delicatezza e rispetto calato dall’alto verso il basso da parte di chi sta in una situazione privilegiata rispetto a chi è più “sfortunato”. Di solito la pietà nasconde un sentimento di disprezzo e ha lo scopo di ripulire la propria coscienza sporca. Non vi è alcun rispetto o complicità tra chi esprime la pietà e chi la riceve, si tratta di un rapporto di tipo gerarchico, degradante per entrambi (Fenrir, 2014)”.

Le leggi dello stato e le norme della comunità scientifica

Legge sull’aborto

La legge 194/1978 regola il rapporto delle donne con il proprio corpo, conferendo ai medici il potere di vigilare e approvare la scelta di un’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Questa legge rende difficoltoso (e in alcune realtà molto problematico) poter abortire poiché concede al personale sanitario la possibilità di ricorrere all’obiezione di coscienza per rifiutare un’ IVG – come di fatto fa oltre l’80% di medici a livello nazionale. Inoltre, poiché la 194 prevede che una donna possa abortire quando la gravidanza o il parto costituiscono un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, questa legge finisce per patologizzare la scelta della donna di abortire. È necessario sottolineare che il potere degli obiettori cresce sempre di più anche al di fuori di quanto dice la legge: molti si rifiutano di prescrivere la pillola del giorno dopo – anche se non è un farmaco abortivo – o di assistere donne che hanno un aborto spontaneo.

Legge sul femminicidio:

La legge 119/2013 affronta la violenza di genere come una questione di ordine pubblico, inasprendo le pene previste per queste violenze e ignorando gli aspetti sociali e culturali che le fanno esistere. Questa legge considera la donna un soggetto debole: infatti, affidando alla polizia e alle istituzioni giudiziarie la sua tutela, riproduce gli stessi valori che stanno alla base della violenza di genere. In questa legge, le donne senza permesso di soggiorno costituiscono un caso a sé. In caso di denuncia per violenza, è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo. Questo può però essere revocato nel caso in cui la donna assume una condotta incompatibile o vengano meno le condizioni che ne hanno motivato il rilascio – condannando così la donna a una condizione di clandestinità.

Ma soprattutto con questa questa legge si è usata strumentalmente la violenza di genere per fare approvare, con il pretesto di un provvedimento dettato dall’”urgenza”, un corposo e generico ‘pacchetto’ di norme repressive che con il femminicidio non hanno niente e che fare. Il testo infatti contiene soprattutto provvedimenti, che sono rivolti chiaramente contro i movimenti di protesta, in particolare i NoTAV, di militarizzazione dei territori per la vigilanza di siti e obiettivi sensibili. .

Legge sulla transizione:

La legge 164/1982 regola la transizione sessuale a quelle persone riconosciute come affette da “disforia sessuale” secondo i criteri della scienza psichiatrica. In particolare, questa disposizione scandisce i termini e i tempi della transizione, imponendo un lungo percorso sanitario, legale e burocratico che si conclude con il cambio anagrafico sui documenti. Siamo di fronte a un susseguirsi di giudizi da parte di dottori, psichiatri e giudici che patologizzano la persona transessuale e la pongono in una condizione di grande dipendenza proprio quando desidera autodeterminarsi e decidere finalmente del proprio corpo.

Patologizzazione dell’intersessualità:

Non esiste alcuna legge che regolamenti la condizione di intersessualità vissuta da persone che nascono con organi genitali non immediatamente ascrivibili a uno specifico sesso. Tuttavia, la comunità scientifica tratta l’intersessualità come una patologia, definendola un “disordine della differenziazione sessuale”. Questo porta a interventi chirurgici di riassegnazione di sesso, realizzati già nei primi giorni di vita delle persone intersex, quindi in un’età che non consente l’espressione del loro consenso. L’invasività di queste operazioni, che oltretutto vanno ripetute nel corso degli anni, non salvaguarda il piacere sessuale e la fertilità.

In tutti questi casi i corpi vengono fatti oggetto di regolamentazioni, con il risultato di rendere le persone dipendenti a tutti gli effetti dalle istituzioni – siano queste la famiglia, la chiesa, gli esperti, gli assistenti sociali, i giudici o la polizia. Queste regolamentazioni ci collocano in una situazione di dipendenza, rendendoci deboli e limitando la nostra possibilità di autodeterminarci. Inoltre rafforzano una visione della vita e delle relazioni organizzata secondo binarismi: sei uomo o donna, sei etero o lesbica, sei cis o trans, sei italiana o non italiana. Tutto questo ci sembra uno limitazione alla nostra possibilità di immaginare noi stess*, i nostri corpi e i nostri desideri. Per di più il sistema dominante non si accontenta di dividerci secondo binarismi, ma dà sempre più valore e riconoscimento a una parte, negando l’altra . Nella società sei privilegiat* se sei uomo, se sei etero, se sei cis, se sei italian*.

Per liberarti dalle catene, devi spezzare chi te le tiene

Per fortuna esistono percorsi individuali e collettivi indisponibili a farsi incasellare negli stereotipi e a farsi vittimizzare, soggettività e gruppi che non si accontentano delle concessioni dello stato, della chiesa e degli esperti di turno. A partire da queste esperienze, noi rivendichiamo la possibilità di creare un immaginario diverso e di poterlo praticare, slegando i nostri percorsi di autodeterminazione dalla difesa o dalla richiesta di una qualsiasi legge. Vogliamo la depenalizzazione di aborto ed eutanasia, vogliamo la depatologizzazione di transessualità, intersessualità ed aborto. Vogliamo riappropriarci dell’aggressività per reagire alla violenza senza deleghe a giudici e poliziotti. Vogliamo costruire relazioni di solidarietà che scardinino dipendenze, gerarchie e privilegi. Solo così possiamo andare oltre all’idea che possa esistere una scelta giusta o sbagliata, rompendo il ricatto che ne deriva. Vogliamo essere noi a decidere per noi stess*.

 E il 12 aprile? Come sempre, ci auguriamo che vengano organizzate tante iniziative per rendere la vita difficile a chi vuole controllare i nostri corpi!

Succede a Jesi, succede se gli lasciamo spazio

Aborto, la bacheca degli orrori
Il volantino shock esposto a Jesi
(di Francesca Sironi)

“Vedevo il barattolo riempirsi del mio bambino fatto a pezzi”. Inizia così un testo fotocopiato che stava in bella mostra nel consultorio pubblico del comune marchigiano.

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report e immagini del presidio del 9 novembre

Oltre cento persone hanno partecipato sabato pomeriggio a Tradate al presidio contro la delibera approvata dal consiglio comunale che prevede l’individuazione presso il cimitero di Abbiate Guazzone di un’area destinata all’inumazione di prodotti abortivi ad opera dell’associazione integralista cattolica “Difendere la vita con Maria”.

Numerosi cartelli e striscioni che puntualizzavano l’opposizione a questa delibera, tra cui:

“No al sopruso mascherato da carità cristiana nei confronti di donne e coppie che non scelgono la sepoltura di feti ed embrioni. Non accettiamo l’imposizione dei loro riti”; “Il vero oggetto del contendere è sempre e solo la libertà delle donne”; “Il sesso non è una colpa, la contraccezione non è peccato, l’aborto non è un reato”, oltre ad un grande stendardo contro la violenza di genere dove erano elencati tutti i soprusi e le violenze alle quali sono sottoposte le donne.

Si sono succeduti al microfono interventi di donne che hanno messo in evidenza come l’associazione Difendere la vita con Maria, dietro allo spirito caritatevole, abbia l’intento di equiparare l’ovulo fecondato ad una persona con diritti riconosciuti, con la diretta conseguenza che se l’ovulo è un soggetto giuridico, allora l’aborto è un omicidio.

Non è possibile ignorare quanto senso di colpa si voglia gettare sulle donne con questa delibera, quanto questi riti e cerimonie siano solo l’ennesimo tentativo di trasformare una scelta che è, e deve restare libera, in una condanna.

In Italia già esiste una legge che rende possibile dare sepoltura ai prodotti abortivi per le donne che ne sentono la necessità. Ma è una possibilità, non un obbligo.

È stato ribadito che la delibera è stata approva calpestando la libertà di scelta, la pluralità delle convinzioni etiche e religiose, la laicità delle istituzioni e che la 194 non deve essere né interpretata in modo distorto né ostacolata.

È stata inoltre più volte letta una “preghiera” laica che così recita:

Siamo consapevoli che la vita è costantemente al centro di una lotta.
La chiesa, colonizzatrice da sempre, attenta continuamente alla vita delle donne e dell’umanità intera.
A noi è affidato il compito di lottare fino al giorno in cui i nostri desideri, altissimi e bellissimi, e purissimi, non riporteranno vittoria definitiva.
Rivendichiamo, dunque, la nostra autodeterminazione, la nostra passione, le nostre battaglie, perché si possa gioiosamente costruire un percorso in difesa della nostra libertà.
giù le mani dal mio corpo
giù le mani dal mio dolore
giù le mani dal mio piacere
giù le mani dalle mie idee
giù le mani dalle mie scelte
giù le mani dalla mia vita
giù le mani dai miei diritti
giù le mani dalla mia libertà

Per ribadire che le donne non si faranno ricacciare in un medio evo culturale. A Tradate il senso di colpa non è di casa, la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne e degli individui devono essere rispettate, senza imposizioni di sorta, tanto più se arrivano da parte di gruppi integralisti come Difendere la vita con Maria o Il Movimento per la vita.

no cimitero feti ed embrione #save194

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presidio, tradate 9 novembre 2013

BASTA ATTACCHI ALLA 194
BASTA CONCESSIONI ALL’INTEGRALISMO CATTOLICO
NO AL CIMITERO PER FETI ED EMBRIONI

A febbraio di quest’anno il consiglio comunale di Tradate ha approvato una delibera che prevede l’individuazione presso il cimitero di Abbiate Guazzone di uno spazio denominato “Area dei bambini mai nati” per l’inumazione di embrioni e feti abortiti prelevati presso l’Azienda Ospedaliera locale.

Dietro le quinte di questa operazione c’è l’opera di una associazione cattolica integralista, denominata “Difendere la vita con Maria”, che dovrebbe firmare un protocollo d’intesa con il comune di Tradate per gestire la sepoltura dei prodotti abortivi.
Il prelievo di questi dall’ospedale, la sepoltura, le preghiere, i lumini e tutto il santo rituale messo in atto avvengono con o senza il consenso della donna.

La normativa italiana (approvazione regolamento di Polizia Mortuaria, Dpr 285 del 1990) già prevede l’inumazione dei prodotti abortivi di presunta età gestazionale dalle 20 alle 28 settimane e, su richiesta dei genitori, anche di prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane, pertanto il vero scopo di questa iniziativa è quello di limitare la libertà della donna anche di fronte a situazioni dolorose come quelle di una gravidanza non voluta o di una interruzione spontanea.

La legge 194 sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza è il bersaglio privilegiato di associazioni religiose e di fanatici fondamentalisti cattolici. Questi esprimono il continuo bisogno di ricattare e colpevolizzare la donna in quanto tale, soprattutto quando cerca di essere autonoma e padrona del proprio corpo, anche pagandone un alto prezzo.

Da questa morale ottusa e ipocrita mai viene perdonato il fatto di essere donne e di volerlo essere in modo pieno e non subalterno.
Non va neanche sottovalutato il sopruso mascherato da carità cristiana perpetrato nei confronti delle donne e delle coppie appartenenti ad altre religioni,
atei, o anche cattolici che non scelgono la sepoltura. Perché dovrebbero accettare che i loro feti o embrioni subiscano dei riti coatti?

Quando siamo venuti/e a conoscenza dell’approvazione della delibera, abbiamo sollecitato svariate volte sia chi se ne è fatto promotore, sia altri membri della maggioranza a ritirarla, cosa che ad oggi non è ancora avvenuta benché verbalmente alcuni di loro si siano impegnati a farlo.

Esprimiamo la nostra indignazione e la nostra contrarietà per una scelta che avalla il tentativo di respingere le donne in un medioevo culturale.

Ma chi non ha coscienza non ha storia e non ha memoria, neppure quella delle lotte che anche sul territorio tradatese le donne hanno fatto per anni
affinché il Consultorio funzionasse e fosse garantito il diritto all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (I.V.G.), ai corsi di preparazione al parto e a un parto naturale e non violento, alla contraccezione, alla prevenzione e al diritto alla salute.

A chi inorridisce di fronte alle tante donne uccise da uomini che non tollerano le loro scelte, vogliamo ricordare che il femminicidio è frutto di un clima sociale e culturale che iniziative come questa alimentano.

La nostra mobilitazione proseguirà sempre più determinata fino al ritiro defi nitivo della delibera.

Sabato 9 novembre 2013 dalle ore 15
PRESIDIO A TRADATE
in Piazza Mazzini davanti al comune

Ti invitiamo a partecipare al presidio e a dare la tua adesione

DONNE E UOMINI LIBERE/I E CONSAPEVOLI